sabato, giugno 30, 2007

Santa Rita da Cascia, venerata nel Santuario dei Padrei Cappuccini, Piacenza

PREGHIERA: Sotto il peso degli affanni e tra le angoscie del dolore, a Te ricorro, gloriosa S. Rita, pieno di fiducia nella tua potente intercessione.
Deh! Tu che fosti da Dio prescelta per Avvocata dei casi più disperati, moviti a compassione del misero stato in cui mi trovo, liberami dalle angustie onde è oppresso il mio cuore e concedimi la grazia desiderata.
Se i miei peccati sono di ostacolo al conseguimento della grazia che ti domando, ottienimi da Dio ravvedimento e perdono.
Che se non piacesse al Signore liberarmi dalle presenti tribolazioni, ottienimi almeno forza e coraggio per poterle sopportare pazientemente a tua imitazione rassegnandomi sempre al suo divino volere. Così sia.

Pater, Ave, Gloria.
Con approvazione Ecclesiastica

venerdì, maggio 11, 2007

Beata Elisabetta Canori-Mora - Madre di Famiglia - Terziaria Trinitaria - Roma (1774-1825)

La Beata Elisabetta Canori-Mora, romana, modello di madre di famiglia cristiana, in mezzo al secolo passato lasciò l'esempio delle più sorprendenti virtù domestiche e dei più eletti doni della grazia. Di famiglia ricchissima, sposa all'avvocato Cristoforo Mora, soffri dopo pochi mesi di matrimonio l'infedeltà del consorte, i dissesti economici, il fallimento, a cui dovette riparare ella stessa, spogliandosi delle proprie gioie e del corredo nuziale. Disprezzata dal marito, minacciata di morte col pugnale alla mano, non lo abbandona, ma l'assiste malato, gli prodiga cure amorevoli, e non cerca altro che la conversione di lui, la quale avviene solo dopo la sua morte. Vivendo in mezzo di numerosa famiglia tra le cognate, la suocera, ed altri congiunti, umile e dimessa dà l'esempio della più invitta, eroica pazienza cristiana, fatta segno fino agli scherni della servitù, senza mai menarne lamento, nè cercare che si cambiasse a lei tale condizione di cose. Educó santamente le figlie, che fu costretta a mantenere con il lavoro delle proprie mani, e che per varii anni le furono tolte di mano dalle cognate per educarle a modo proprio. Quindi il romanzesco tentativo di fuga delle figlie: la drammatica aggressione del consorte, che essa in ispirito salva da morte sicura: le malattie ed ogni sorta di tribolazioni e di croci affinano e purificano quell'anima, che mostrando una tempra adamantina, ce si presenta poi sotto nuovo meraviglioso aspetto di vittima di espiazione per i peccatori e per il trionfo della Chiesa. Fatta tutta a tutti, si spoglia delle sue vesti per darle ai poveri, e Dio le concede il dono delle grazie e dei miracoli mediante una prodigiosa immagine di Gesù Nazareno. Il Signore prodigò sopra di lei tutti i più singolari carismi che concesse alle Terese, alle Geltrudi, alle Caterine da Siena: spirito di profezia, estasi, ratti, visioni, apparzioni di Angeli, di Santi, della Vergine, dello stesso Uomo Dio, e da ultimo le più sublimi e stupende contemplazioni degli alti misteri della Santissima Trinità, del cui Ordine insigne fu Terziaria, come la sua amica, Beata Anna Maria Taigi. E tutto questo quasi incessantemente in mezzo alle faccende domenstiche, in mezzo alle più grandi tribolazioni, nelle quali si vedeva sempre ilare e giuliva. Non trascurando punto le figlie ed il consorte sebbene infedele, ella negli ultimi dieci anni di vita non vive più che per la salute dei peccatori e per il trionfo della Chiesa. Per questo lotta intrepida con la podestà delle tenebre, che fa di lei aspro governo; ma la Serva di Dio ne trionfa al fine. Dio le promette il futuro trionfo della Chiesa, ed ella in ispirito trattiene nel 1821 il Pontefice Pio VII dal fuggire da Roma, salvando così la Città eterna dall'imminente terribile sciagura di uno scontro tra Austriaci e Napoletani.
Nel gennaio del 1825 incolta da idropisia, dichiarò essere questa la ultima sua infermità predicendo il giorno in cui moriva. Si alzò tutti i giorni fino all'ultimo per ascoltare la Messa nell'Oratorio demestico e ricevervi la santa Comunione. Il 5 febbraio, date le ultime disposizioni, si vesti con gli abiti di Terziaria e si ricompose nel suo giaciglio. Alla sera si scuote, fa avvicinare le figlie, le guarda fissamente, alza gli occhi sereni al cielo e appoggiata dolcemente col collo al braccio delle care figliuole rimane immota, come al solito avveniva, in estasi beata; mentre la bell'anima volava agli eterni riposi nella età di 49 anni, 2 mesi e 15 giorni. Dopo qualche spazio è chiamato ed accorre il Confessore, che dolente deve constatare che era spenta, ed aveva avuto l'assitenza direttamente dal Signore.

Efficace Orazione ispirata alla Ven. Serva di Dio

Eterno Padre, vi offerisco i meriti di Gesù Cristo vostro Figliuolo, millioni di volte in ogni punto della mia vita, ad ogni palpito del mio cuore, per compensare le ingiurie che avete ricevuto da me e da tanti peccatori fratelli miei.
Miserere nostri, Domine, miserere nostri.

Nihil obstat - Salvatore Natucci - S. Fidei Promotor Gen., Romae, 22 Augusti 1930

mercoledì, maggio 09, 2007

Primarbruderschaft des H. Apostels Paulus zur Bekehrung der Sünder

errichtet in der Kirche S. Paolo alle Tre Fontane, Roma:

martedì, maggio 08, 2007

Flora Manfrinati e Nostra Signora Universale

"Temi l'esilio e rifugiati sotto il Mio Manto." - "Io sono la Madre Universale, Mamma di tutti, di tutti i dolori, di tutti i desideri..." - "Ogni volta che l'occhio di creatura si poserà sulla Mia Immagine, avrà la Mia Benedizione."

Visto nulla osta Torino 21 giugno 1957 - Can. Luigi Carnino Revisore - Imprimatur Can. V. Rossi Prov. Gen., Curia Metropolitana Taurinensis - Educatrici Apostole Figlie di N.S. Universale, via S. Francesco da Paola 42 - Torino.

Nata nella bonifica ferrarese, il 7 luglio 1907, ricca di doni naturali e di rara bellezza, a tre anni fu trovata dai familiari, dopo angosciose ricerche, presso la concimaia dove era rimasta, priva di sensi, esposta allo scottante sole di luglio ed alle esalazioni del luogo.
Sul suo corpo, diventato tutto nero, si aprirono piaghe, le quali, invece di guarire, si approfondirono in modo inspiegabile sempre più.
Dio fin da quella tenera età l'aveva chiamata alla sofferenza.
Senza un lamento, Flora, vero piccolo Giobbe, passò i suoi anni giovanili a casa o al mare, dove andava d'estate per cura, tra le sofferenze atroci delle sue piaghe purulenti.
Rimase cieca per sette anni e non potè frequentare la scuola per imparare a leggere e a scrivere, neanche quando ebbe la vista, che riacquistò improvvisamente - ma sempre in misura limitata - mentre già era sul tavolo operatorio per l'asportazione di un occhio.
Fu una bimba sensibilissima, ma forte per la volontà che tutto equilibrava. Coraggiosa, per non far pesare il suo stato ai familiari, volle presto medicarsi da sè in modo energico e senza pietà. Si proibì ogni atto di debolezza e rinnegò se stessa fin nelle più piccole cose. Nonostante tutto, nell'animo suo non era penetrata la tristezza. Più tardi ne dava la spiegazione che riportiamo con le sue stesse parole.
"Diceva una volta Chi è più intelligente di me: - Se l'anima guarda il Crocifisso, non può avere che sensi di compassione; contemplandolo a lungo ella si sente penetrare tutta dalle sofferenze e dalle pene di Gesù. Come può allora sollevarsi con pensieri più sereni o come può ridere, essere giuliva se il suo Maestro soffre? Anche se guarda Gesù adulto ella vede ancora l'ombra della passione dipinta negli occhi del Signore. Devono quindi le anime essere piagnucolanti? No! Guardiamo il Piccolo Gesù; a Lui piacciono i fiori, gli uccelli, gli alberi, il mare; Egli sorride alla Mamma, gioca ed è felice - ".
Questa giovinezza interiore, unita al calore che sprigionava dal suo cuore verso le anime, fu la ragione del suo irresistibile fascino.
A 11 anni ricevette la prima Comunione ed ottenne la grazia della guarigione istantanea delle piaghe più visibili e della gamba e del braccio rattrappiti. Le piaghe nascoste si chiusero poco per volta molto più tardi, ma di esse le rimase per tutta la vita il dolore, come se fossero sempre aperte.
Il lungo tirocinio di sofferenza la consacrò Apostola, anche se priva del tutto di studi e di mezzi umani. Incominciò in casa prestissimo, coi bambini del paese; poi presso lo zio Monsignore in diverse parrocchie; in seguito in Piemonte, nell'Azione Cattolica di Testona e di Moncalieri; come fondatrice di un asilo a Palera e di iniziative eucaristiche in vari luoghi; durante la guerra mondiale e negli anni successivi all'Oratorio di S. Michele (tenuto dalle Suore Missionarie della Consolata), al quale dedicò dieci anni della sua eroica attività, salvando l'opera e dandole un nuovo meraviglioso rifiorire.
I malati dell'ospedale la conobbero mirabile consolatrice. La gioventù si sentiva attratta dalla sua parola e dalla sua personalità: era una vera trascinatrice.
Fu preziosa consigliera delle anime, nelle quali sapeva leggere per intuito sopannaturale.
Dotata in modo straordinario di doni di Dio, visse nascosta tutta la vita nelle occupazioni più umili, che non le impedivano tuttavia di dettare pagine sublimi per elevatezza di pensieri e preziosità di insegnamenti. Non lesse mai alcun libro nella sua vita.
All'umiltà aggiunse la fortezza mirabile nelle continue difficoltà e lotte; una fede travolgente, un amore che la immolò tutta nella sete delle anime; uno spirito cristiano, di letizia che portava al bene. Dotta per i lumi dello Spirito Santo, semplice in tanta abbondanza di sapienza, prudente nelle vie del mondo, raggiuse la perfezione anche in tutti i suoi lavori.
Fu grande organizzatrice con minimi mezzi.

Nel 1950 lasciò per volere divino l'Oratorio San Michele.
Fondò la Famiglia delle Educatrici Apostole, per arrivare a tutti i bisogni delle anime, nella Casa Famiglia Madonna degli Angeli.
La sua spiritualità, segnata dalla croce, ma irradiata di serenità, si concentrò tutta nella SS. Eucaristia, nella più grande attrazione a Gesù Bambino e in una luce purissima di immensa devozione alla Madonna.
La Chiesa, la Sede di Pietro, i Martiri delle catacombe, gli Apostoli del Vangelo e, specialmente negli ultimi anni, la croce, nello sforzo continuo di misurarsi ad essa, furono i suoi più grandi ideali.
Aprì le sue braccia in croce, come le era stato predetto, e morì, tra indicibili sofferenze - sopportate senza volerle alleviare con rimedi umani - dopo aver lasciato tutto il patrimonio delle sue ricchezze spirituali alle sue Sorelle in Cristo ed alle anime, il 12 marzo 1954, nella Casa dove nacque l'Opera delle Educatrici Apostole in Torino (v. S. F. da Paola 42).

mercoledì, maggio 02, 2007

Benedetta Bianchi Porro, die weiße Rose von Dovádola (1936 - 1964)

Benedetta Bianchi Porro, jung, hübsch, reich, intelligent und lebensfroh, nahm willig ihr Kreuz auf sich und folgte dem Gekreuzigten nach.

Die 27-jährige Medizinstudentin Benedetta Bianchi Porro, die gelähmt, blind, taub, geschmacks- und geruchsunfähig auf ihrem Krankenlager scherzte und lachte, wußte einige Monate voraus, daß sie am 23. März 1964, am Feste Mariä Vermählung sterben werde. Doch, sie ließ sich keine Aufregung, keine Traurigkeit anmerken. Einer Freundin schrieb sie schlicht am Schlusse ihres letzten Briefes: «Jetzt bin ich ruhig. Morgen werde ich sterben!»Vor Wochen hatte sie nämlich im Traume ein offenes Grab in ihrem Geburtsort Dovádola (Provinz Romagna) und darüber eine weiße Rose erblickt. Es war für sie das geheimnisvolle Zeichen ihrer baldigen Sterbestunde, aber auch ihrer freudigen, ewigen Auferstehung!
Geboren im Jahre 1936 inmitten der achtköpfigen, begüterten und glücklichen Familie des Ingenieurs Guido Bianchi Porro wuchs die allerliebste Kleine zu einem bildschönen, außergewöhnlich begabten Mädchen heran. Zur Schulreife gelangt, wurde sie von den Lehrern sogleich in die 2. Primarklasse gesteckt. Mit 10 Jahren fand sie bereits Aufnahme ins Gymnasium und vermochte dank ihrer vielseitigen Talente und ihres ausdauernden Fleißes erneut eine Klasse zu überspringen, obwohl die Kriegszeiten mit ihren Bombardements ein ruhiges Studium fast verunmöglichten. Im Alter von kaum 17 Jahren wurde sie zur Immatrikulation an der Mailänder Universität zugelassen. Damals begannen sich die ersten schweren Störungen in ihrem Organismus bemerkbar zu machen.
Im Jahre 1953 schloß sie die Gymnasialstudien mit einer glänzenden Literatur-Matura ab, bereit zu weiteren geistigen Strapazen.
Sie notierte zwar schon damals in ihrem Tagebuch: «Der Examinator stellte lateinische Fragen, doch ich konnte nicht alles verstehen. Wahrscheinlich habe ich schön dumm dreingeschaut.»
Da aber nicht ihr Gedächtnis versagte, sondern ihr Gehör, begann nun ein mühsamer Kreuzweg von einem Spital zum andern, zu schmerzhaften Untersuchungen. Ein Dienstmädchen mußte sie jeweils auf dem Weg zur Aula begleiten. In aller Eile lernte sie nun die Taubstummensprache. Trotz aller Schwierigkeiten studierte sie tapfer weiter, denn sie meinte, «daß ein Aufgeben des Studiums eine Feigheit wäre!»

Ihrem Vater zuliebe hatte sie zuerst Physik als Hauptfach gewählt, wechselte dann aber zurmedizinischen Fakultät über. Alle Examen gelangen ihr, außer einem. Als sie die Examinatoren zu bitten wagte, ihr die Fragen schriftlich vorzulegen, da sie nichts höre, wurde sie empört ausgelacht und beinahe aus der Universität gejagt. Doch als ärztliche Atteste ihren Zustand bewiesen, wurde ihr Gelegenheit zur Wiederholung des Examens gegeben und sie bestand es mit höchster Auszeichnung!
Da Benedetta sich Rechenschaft gab, daß auch ihr Augenlicht eigentümlich abnahm, suchte sie in allen medizinischen Büchern nach dem Namen ihrer Krankheit, den auch die Ärzte bisher nicht hatten ausfindig machen können. Und sie fand den Begriff «Recklinghausen, neurofibromatosi diffusa.»
Nicht eine einzige Sekunde haderte diese junge, fröhliche Medizinerin mit ihrem Schicksal. Nein, als Kind Gottes wußte sie, daß kein anderer Weg zum Himmel führt, als der Weg des Kreuzes.
Sie schrieb an eine befreundete Studentin, die von ihr ermuntert, ins Kloster ging:
«Ich habe bemerkt, daß die sogenannten Kulturvölker die christlichen Tugenden wohl schätzen, aber sobald sich Christus mit seinem Kreuze nähert, möchten sich viele seiner Anhänger am liebsten aus dem Staube machen aus lauter Angst vor den Verdemütigungen und Leiden, welche das Kreuz mit sich bringt . . .»
Benedettas eisernem Arbeitswillen gelang es zwischen schmerzhaften Operationen, das Examen in medizinischer und chirurgischer Patologie erfolgreich abzulegen, aber zum Staatsexamen reichten ihre Kräfte nicht mehr aus. Da sie nicht untätig darniederliegen wollte, nahm sie einen Korrespondenzkurs für Zeichnen und Malen und unterrichtete ihre jüngeren Geschwister in Mittelschul- und Primarschulfächern. Man mußte ihr eines Tages alle Zähne ausreißen und bei einer Kopf-Operation schnitt man ihr aus Versehen den Gesichtsnerv durch. Aus einer anderen Narkose erwacht, merkte sie, daß sie erblindet sei. Die besten Ärzte versuchen ihre Kunst. Doch umsonst! Nach einem Eingriff ins Rückenmark, vermag sie sich nicht mehr aufrechtzuhalten.
Zuletzt blieb diesem heroischen Menschenkind nur noch eine einzige Hand und die Stimme zur Verfügung, um sich mit der Außenwelt verständigen zu können. Blind, taub, gelähmt, ohne Geruchs- und Geschmackssinn lag sie da. Doch ihr Seeleneifer verdoppelte sich.
Ihre Studiengenossen und Freundinnen besuchten sie oft. Sie scherzte und plauderte mit ihnen. Sie punktieren ihre Studien- und Standeswahlprobleme in Taubstummenzeichen auf ihre Hand und sie gibt ihnen mit der Stimme, die ihr geblieben, Antwort. Sie ermuntert sie zu Fleiß und Ausdauer, zur Treue gegen Gott und die katholische Kirche. Bei ihr, der Schwerkranken, holen die Gesunden Lebensmut und Energie. Oft sitzen 10-15 Studenten in ihrer Kammer, besprechen mit ihr politische und religiöse Probleme, lachen und singen, denn sie wissen, daß Benedetta so gerne singt und fröhlich ist. Diese Burschen wetteiferen miteinander, um der Mutter zur Essenszeit zu helfen, der Kranken einige winzige Bissen in den Mund zu schieben.
Und dort, in diesem Krankenzimmer feiert die akademische Jugend ihre Gemeinschaftsmesse. Benedetta holt ja ihre ganze Kraft, ihre unversiegliche Leidensfreude, ihre Liebe zu den Seelen aus der täglichen heiligen Kommunion. Nur in innigster Verbindung mit dem Gekreuzigten vermag sie ihr eigenes Kreuz bis ans Ende zu tragen und geistige Führerin so vieler Studenten und Studentinnen zu sein. Sie diktierte ihrer aufopferungsvollen Mutter Briefe an andere Gelähmte, Verzweifelte, Gefährdete und Gestrandete, um sie Gott näher zu bringen. Verschiedene Studenten ermunterte sie mit Erfolg zum Priester- und Missionsberuf. Einer bedrückten Lehrerin, die in ihrer Schule keine Disziplin fertigbrachte, schrieb sie:
«Lass dich nicht entmutigen durch den Gedanken, du habest zuwenig Autorität. Deine jungen Schüler müssen von dir besonders die Tugend der Geduld erlernen und dieses dein Beispiel wird wunderbar dazu beitragen, sie zu bessern. Ich bin dessen gewiß. Liebe diese kleinen Ameisen Gottes, denn der Himmel spiegelt sich in ihnen.»
Einer Tänzerin der Mailänder Scala flüsterte sie nach der letzten Meßfeier, nachdem sie die hl. Wegzehrung empfangen, abschiednehmend zu: «Vergiß nie, dass man allüberall heilig sein kann!»
Einem Arzt, der Krankenzüge nach Lourdes begleitete sagt sie, nachdem sie zweimal ungeheilt von dort zurückkehrte:
«Sie sind wahrhaftig glücklich zu preisen, Herr Doktor, daß Sie sich diesem wohltätigen Werke widmen können. Möge der liebe Gott Sie recht lange am Leben erhalten! Sursum corda!» Weinend drückte er ihre Hand.
Eine Studentin in Examennöten erhielt den Rat: «Studiere fleißig, aber nicht so, daß es deiner Gesundheit schadet!» Einer anderen schrieb sie: «Ich weiß nicht, wie es dir im Examen gehen wird, aber wage es auf jeden Fall und nimm voll Freude den Willen Gottes an . . . Gewiß, mein Leben ist unsagbar traurig, aber ich freue mich dennoch, denn ich weiß, daß Gott an mich denkt» . . .
«Sei so gut Mütterchen und lies mir die Bergpredigt vor!» Und die Mutter punktierte auf die Hand der Tochter mit wehem Herzen: «Selig sind die Sanftmütigen — selig die Leidenden, denn sie werden getröstet werden» . . .
Und sinnend bemerkte Benedetta einmal: «Ich habe im Leben oft und gerne zum Himmel aufgeschaut, voll Sehnsucht nach dem göttlichen Heiland. Hier auf Erden sind wir alle in einem Wartesaal, wie auf einem Bahnhof . . .»
Als am letzten Morgen ein Vöglein trillernd sich auf ihrem Fenstersims niederließ, sang Benedetta freudig ihr letztes Abschiedslied an Gottes schöne Welt: Rondinella pellegrina...
Draußen im Garten aber hatte die Mutter eine weiße Rose entdeckt und teilte es ahnungslos der Kranken mit. Ein Freudenschimmer huschte über das totenbleiche Gesicht. Noch ein letztes, mühsam gestammeltes «Danke» den geliebten Eltern. Dann erlosch Benedettas Stimme hienieden, um aufzujubeln im ewigen Oster-Alleluja!

(Siate nella gioia. Ital. Biographie über Benedetta Bianchi Porro, Edizioni, Corsa dei Servi, piazza S. Carlo 2, Milano) Dr. M. Haesele, "Santa Rita", 17. Jg., Nr. 8, April 1968

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Benedetta Bianchi Porro
Santi e Beati: Venerabile Benedetta Bianchi Porro

mercoledì, aprile 25, 2007

Am Festtag der hl. Rita von Kinderlähmung geheilt

Ich wurde in meinem ersten Lebensjahr von der Kinderlähmung befallen. Dazu gesellten sich später noch andere Krankheiten, so daß meine Kindheit reich an Schmerzen und Tränen war. Viele Ärzte versuchten mich zu heilen, doch die Lähmung trotzte deren Bemühungen. Im Gebet allein fand meine arme Mutter Trost. Sie nahm Zuflucht zu verschiedenen Heiligen und mein allgemeiner Gesundheitszustand besserte sich tatsächlich, doch meine Lähmung hielt an.
Als ich zehn Jahre alt war, wurde ich mehrmals operiert, doch der Erfolg war sehr gering. Es gelang mir immer noch nicht, meinen Fuß normal auf den Boden zu stellen. Das Bein mußte auch weiterhin Tag und Nacht im Streckapparat verbleiben.

Als Dreizehnjähriger erfüllte mich besonders heftiges Verlangen, mit meinen Schulkameraden in Sport und Spiel wetteifern zu können. Als im Monat Mai das Fest der hl. Rita nahte, hielt ich daher voll Vertrauen eine neuntägige Andacht zu ihr.

An ihrem Festtage, 22. Mai 1949, eilte ich in die Kirche des hl. Augustinus in Rom und ministrierte nacheinander bei drei hl. Messen. Darnach flehte ich, mit meiner lieben Mutter, innig am Altare der hl. Rita um meine Heilung. — Um 12 Uhr mittags ist es dort, wie in vielen andern Kirchen Italiens, am Feste der hl. Rita Brauch, daß das ganze Volk gemeinsam und feierlich mit herzlichen Gebeten der großen Wundertäterin zu ihrem Namensfest, welches zugleich ihr Geburts- und Sterbetag ist, gratuliert und ihr alle Anliegen anempfiehlt. Aus ganzem Herzen betete ich mit.

Darnach hinkte ich zum Festaltar, um zu kommunizieren. Und o Wunder! Sogleich nach Empfang der hl. Kommunion fühlte ich in meinem gelähmten Beine einen heftigen Ruck, verbunden mit der innern Gewißheit, daß ich erhört worden sei. Freudig erregt eilte ich in die Sakristei und nahm den orthopädischen Apparat von meinem Beine weg. Zum unsäglichen Staunen aller Umstehenden vermochte ich zum erstenmal in meinem Leben meinen Fuß normal auf den Boden zu stellen und ziemlich gut, wenn auch noch etwas unsicher, herumzulaufen. Meine liebe Mutter weinte vor Freude. Glückstrahlend trug ich meinen Stützapparat zum Altar der hl. Rita als Dankeszeichen für meine vollkommene Heilung.


Raffaele Tardiale, Rom (Dalle api alle rose, 1950)

Das Blütenwunder Unserer Lieben Frau von Bra, Turin - La Madonna dei Fiori

Gnadenbild in der Wallfahrtskirche von Bra bei Turin. Die liebe Gottesmutter erschien am 29. Dezember 1336 der bedrohten Frau Egidia Mathis und beschützte sie gegen ihre Verfolger. La «Madonna dei fiori» wird besonders als Beschützerin einer glücklichen Mutterschaft verehrt. Am 29. Dezember bringen viele Mütter ihre Kinder in die Wallfahrtskirche und weihen sie "Unserer Lieben Frau von den Blüten".

Am 29. Dezember 1336 geschah das Wunder. Seither blüht dort ein wilder, dorniger Pflaumenbaum alljährlich zweimal, nämlich im Dezember und wenige Monate später nochmals im Frühling. Im Dezember trägt er lediglich Blüten, im Frühling dagegen Blüten, Blätter und Früchte.
Am 29. Dezember 1336 schritt die junge, hübsche Frau Edigia Mathis eilig ihrer Wohnung im Städtchen Bra zu. Sie kehrte von einem Besuche bei lieben Verwandten, die auf dem Lande draußen wohnten, heimwärts. Sie hatte dort wohl allerlei Rat geholt, denn sie sah voll freudiger Sorge ihrem ersten Kinde entgegen. Allzurasch waren die trauten Stunden daheim vergangen und nun breiteten sich schon frühe Abendschatten über die winterlichen Stoppelfelder aus.
Egidia beschleunigte ihre Schritte. Es war in jener Zeit keineswegs ratsam, im Dunkeln auszugehen. Hungernde, verwahrloste Söldner aus Frankreich, Spanien, Deutschland und der Schweiz, die von verfeindeten Burgherren zur Winterszeit oft fristlos und ohne Sold entlassen wurden, strichen beutegierig umher. Wehe jenen, die ihnen schutzlos in die Hände fielen!
Egidia spähte immer ängstlicher durch die grauen Nebelschwaden. Plötzlich hielt sie erschrocken den Atem an. Standen dort vorn an der Wegkreuzung, wo sie vorbei mußte, nicht zwei solch unheimliche Gesellen? Ja, schon liefen sie ihr mit wüstem Lachen entgegen. Von Todesangst getrieben, eilte Egidia mit letzter Kraft zu einem Bildstock am Wegrand, den ein Gemälde der Gottesmutter mit dem göttlichen Kinde zierte und schrie, das Madonnenbild umklammernd: «O Maria, hilf!»
Als trotzdem die ruchlosen Söldnerhände nach ihr griffen, brach aus der Bildstocknische plötzlich himmlisches Licht hervor. In majestätischer Schönheit erschien die Himmelskönigin. Mit ihrer Linken die zitternde Egidia beschützend, wies die Mutter aller Mütter die sittenlosen Gesellen strafend von dannen. Vor dem Blick der Allerreinsten ergriffen die Unholde in wilder Panik die Flucht.
Unendlich dankbar blickte die brave, junge Frau zu ihrer Retterin empor, die sie lächelnd beruhigte, ehe sie verschwand.
Der ausgestandene Schrecken aber hatte Egidia stark ermüdet und geschwächt. Erschöpft sank sie zu Füßen des Bildstockes, der von einem wilden, halberfrorenen Pflaumenbaum umrankt war, nieder. Doch bald wurde sie durch leises Wimmern aus ihrer kurzen Ohnmacht geweckt. Vor ihr, auf dem winterkalten Boden, lag wohlgeboren ihr Kindlein. Und während Egidia voll Mutterliebe rasch, so gut sie es vermochte, ihr Kleinod einhüllte, gewahrte sie voll unsäglichen Staunens, wie der wilde Pflaumenstrauch, der vor der Erscheinung seine erstarrten Zweige arm und leer in die eisige Bise gestreckt hatte, nun übervoll von weißen Blüten prangte.
Die Paradiesesaugen der Unbefleckten hatten ihn, den dornigen Wildling, zum Zeugen ihres Wunders erkoren und, mitten im Winter, mit tausend weißen, makellosen Blüten zum Sinnbild der Reinheit gemacht.
Als Egidia glücklich zu Hause anlangte, erzählte sie alles ihrem Gatten. Erst glaubte er, sie rede im Fieber. Als er anderntags aber hinausging vor die Stadt, konnte er mit eigenen Augen den Blütenbaum bewundern und Hunderte mit ihm. Nie hatte ein Pflaumenbaum oder ein anderer Strauch, dort um diese Zeit geblüht. Neben ihm und rings um ihn streckten alle andern Sträucher, nach wie vor, ihre kahlen Zweige gen Himmel.Und seither ist es so geblieben. Seit mehr als sechshundert Jahren schmückt sich jener Pflaumenbaum, als einziger weit und breit, mitten im Winter mit dem weißen Wunderkleid seiner Blüten. Zirka vom 20. Dezember bis Mitte Januar dauert diese seine erste Blütezeit. Ohne Blätter, ohne Früchte, als echtes, strahlendweißes Bouquet, begrüßt er jeweils das neugeborene Christkind und dessen allerreinste Mutter Maria in den Weihnachtstagen. Dann aber blüht er im Frühling erneut, mit allen seinen andern Artgenossen, und diesmal treibt er auch Blätter und Früchte, wie zur normalen Zeit. Viele Naturforscher haben sich im Laufe der Jahrhunderte mit dem Pflaumenbaum von Bra beschäftigt, doch bis heute konnte keiner eine einwandfreie wissenschaftliche Erklärung finden. Bodenbeschaffenheit, Witterung, Wartung, unterirdische und oberirdische Kräfteeinflüsse wurden erforscht, ohne Ergebnis. Kämen sie in Frage, so müßten auch die andern Pflaumenbäume gleicher Art ringsum doppelte Blüte treiben. Kein anderer Strauch, kein anderer Baum konnte jedoch, trotz bester spezieller Pflege, neben dem Blütenbaum zur Blüte gebracht werden. Hingegen haben Zweige des Wunderbaumes, die man anderswo pflanzte, auch dort zweimal geblüht.
So wurde z. B. auf Wunsch Papst Leo XIII. ein Reis des wilden Pflaumenbaumes von Bra in die Vatikanischen Gärten in Rom verpflanzt. Und seither erfreut auch dieses Bäumchen alle durch seine doppelte Blütenpracht im Winter und im Frühling!
Gottes Wunder! Wer vermöchte sie zu leugnen? Jedermann kann sich mit eigenen Augen von diesem Naturwunder, das seit 600 Jahren anhält, überzeugen, denn Bra liegt nur zirka 50 km von Turin entfernt. Wenn das eine oder andere Mal, innerhalb langer Zeitperioden, die Dezemberblüte ausfiel, dann beunruhigte sich das Volk von Bra so, wie die Bewohner von Neapel, wenn die Verflüssigung des St. Januariusblutes ausbleibt und fürchtet Heimsuchungen.
Heute erhebt sich über der Wunderstätte in Bra eine prächtige Wallfahrtskirche zu Ehren der lieben «Madonna dei fiori», die dort seit Egidia Mathis, unzähligen andern, von Angst und Sorge bedrängten Seelen, zu Hilfe kam.

Dr. Maria Haesele, "Santa Rita", 14. Jahrgang, Nr. 4/5, Dezember 1964 / Januar 1965

Siehe auch Vedere pure Voir aussi See also:

venerdì, marzo 30, 2007

Our Lady of Mercy of Gallivaggio

Picture Gallery of the Apparition of Our Lady of October 10th, 1492, in Gallivaggio, near Chiavenna, Italy:

Tabblo: Our Lady of Gallivaggio, Italy

See a short text in Italian with the story of the apparition of Our Lady and the Sanctuary. ... See my Tabblo>


Il Santuario dell'Apparizione in Gallivaggio

Nel cuore dell'asperrima e selvaggia Valle di S. Giacomo, oggi conosciuta dai turisti come Valle dello Spluga, in una località denominata Grualle, la Vergine apparve il 10 ottobre 1492 a due povere contadinelle che stavano raccogliendo castagne. Tempi tristissimi correvano allora: le lotte fratricide avevano sconvolto l'ordine cristiano nei vecchi gloriosi Comuni, e un fermento di novità stava invadendo il mondo. La Valchiavenna ne subì i malefici influssi, perchè essa era il passaggio obbligato e comodo per il centro della Svizzera e della Germania. Nei paesi del Nord stava lentamente maturando la cosidetta riforma, che avrebbe spezzato l'unità cattolica d'Europa.
In questa cornice la Madonna parlò con accento accorato alle giovanette perchè richiamassero alla vera vita cristiana i popoli che stavano allontanandosene. Verso il suo divin Figlio, adirato pertanti disordini, Ella aveva implorato: Misericordia, Misericordia, Misericordia! Alle fortunate veggenti ricordò di divulgare il suo messaggio di penitenza, di preghiera, di santificazione dei giorni festivi. Le due giovanette, riavutesi dallo stupore, corsero al loro paesello di Vhò, dove trovarono sostenitori ed oppositori. Ma i miracoli fecero cadere ogni opposizione: perfino un bimbo morto risuscitò, quando fu posto sul sasso dove aveva posato i piedi la Madonna. Immediatamente, si costruì un piccolo oratorio, che fu benedetto nella primavera successiva dall'ariprete di Chiavenna, Gianbattista Pestalozza. Pochi anni dopo si edificò una chiesa che risultò insufficiente. Nel 1598, abbattuta questa, si iniziò la costruzione del magnifico Santuario a tre navate, cosacrato nel 1615 da mons. Archinti, vescovo di Como. Nel 1742 il Capitolo Vaticano decretò e offrì la corona d'oro per incoronare il bellissimo simulacro, ancor aggi assai venerato. Nel 1892, ricorrendo il quarto centenario dell'Apparizione, furono organizzate imponenti feste giubilari, alla presenza del Card. Andrea C. Ferrari. La bellezza del Santuario risalta tra i dirupi e i massi erratici ed attira, sopratutto il 10 ottobre, innumerevoli folle di ogni ceto e da ogni paese. Pure molto frequentate sono le feste di S. Anna (26 luglio) e della Natività della Madonna (8 settembre). Il Santuario di Gallivaggio dista otto chilometri da Chiavenna, sulla strada per Campodolcino e Madesimo, con cui è collegato da autolinea, ed è assistito da un Rettore. Annesso al Santuario è pure un moderno ospizio per i pellegrini.
La Diocesi comense celebra il 10 ottobre la festa liturgica della Madonna di Gallivaggio sotto il titolo die Madre della Misericordia. Il Santuario è aggregato alla Basilica di S. Maria Maggiore. Vi sono pregevoli pitture di Paolo Landriani detto il Duchino, di Domenico Caresiano da Lugano, di Cesare Ligari. Degni di nota sono l'alto campanile e la monumentale scala santa, imponente complesso granitico di 72 gradini fiancheggiati da pilastri con pannelli in bronzo, raffiguranti la vita della Madonna.

Si veda pure: Il Santuario di Gallivaggio

giovedì, marzo 22, 2007

Der heilige Vinzenz Pallotti

wurde am 21. April 1795 zu Rom geboren. Nach heilig verlebter Jugend zum Priester geweiht, bekleidete er zunächst 10 Jahre lang eine Professur an der römischen Universtität. Hierauf entfaltete er über 20 Jahre lang als Volksmissionar, Exerzitienmeister, Beichtvater, Militär- und Gefängnisgeistlicher eine außerordentlich segensreiche Tätigkeit in Rom, das ihn seinen zweiten Philipp Neri nannte. Die Gründung von Wohltätigkeitsvereinen, von Waisenanstalten und Fortbildungsschulen zeigt seine sozialen Verdienste. Sein inneres Tugenleben war heroisch. Zur Bewahrung und Ausbreitung des Glaubens gründete er 1835 die nach ihm benannte Kongregation der Pallottiner. Vinzenz starb am 22. Januar 1850 im Rufe großer Heiligkeit.
... Um auch im Volke den apostolischen Geist zu wecken, stiftete Vinzenz das Institut der Mitarbeiter der Pallottiner, die durch Wort und Beispiel, Gebet und materielle Beihilfe für die Sache Christi eintreten und daher von der Kirche mit reichen geistlichen Vorteilen bedacht wurden.

mercoledì, marzo 21, 2007

Santuario di Gallivaggio, Valle Spluga


Una preghiera, un pensiero, un saluto dal Santuario della Beata Vergine di Gallivaggio (sec. XIV°) - Valle Spluga, mt. 800.

Preghiera a Nostra Signora della Misericordia, Gallivaggio

martedì, marzo 20, 2007

Cenni storici del Santuario Madonna della Neve, Frosinone

IMPROVVISO FERVORE RELIGIOSO

Il Santuario della Madonna della Neve in Frosinone è entrato nella storia il 10 maggio 1675.
Prima di quel giorno nessuno dei frusinati faceva attenzione ad una preesistente cappella dedicata alla Vergine, tranne un povero contadino, Ormisda Fontana, che la gente reputava un semi-deficiente.
Nel pomeriggio di quel 10 maggio le cose si capovolsero. Il luogo dove sorgeva la "cona" abbandonata diventò misteriosamente e quasi prepotentemente un centro di attrazione e di convegno da parte dei frusinati e di gente dei paesi limitrofi.
Il 21 novembre 1675 il nuovo vescovo diocesano, Riccardo degli Annibaleschi della Molara, venuto appositamente a Frosinone, si reca processionalmente sul luogo, accompagnato "da tutto il clero di Frosinone, da moltissimi gentiluomini e cittadini e da una grande massa di gente forastiera" (Arch. Vesc. Veroli, Registro delle S. Visite.) Quivi benedice e pone solennemente la prima pietra per la costruzione di una chiesa più grande della precedente cappella. Ritorna poi il 17 aprile 1676, trova già ultimata le fondamenta, presenzia alla donazione dell'area per la costruzione del tempio e della piazza antistante e, visto il grande afflusso delle spontanee elemosine, nomina dodici deputati con a capo il sindaco del tempo, perché presiedano e dirigano il lavori, raccolgano e amministrino le offerte dei fedeli.
In poco più di un anno la chiesa fu ultimata in tutte le sue parti, sagrestia e companile compresi, e fu provveduta di tutti gli arredi sacri.
L'8 maggio 1678, quarta domenica dopo Pasqua, fu solennemente consacrata. Lo stesso anno si pensò di chiamare una comunità religiosa per la cura del santuario e costruirvi a fianco un convento, cosa però che non si effettuò subito.

COME SPIEGARE L'ESPLOSIONE DI FERVORE?

Questi brevi e sommari dati di cronaca, già abbastanza eloquenti per se stessi, ci obbligano ad una ulteriore ricerca, specie se si tengono presenti altri fatti di quell'epoca. Di essi ne ricordiamo tre.
Nel 1645 era caduto il vecchio loggiato della piazza del mercato e dei pubblici bandi. Si trattava di un luogo importante per la vita della città. Eppure troviamo che la ricostruzione fu ultimata nel 1665, con una spesa di ducati 19 1/2, più scudi 16 per la tettoia. Nel 1652 era stato travolto il ponte della Fontana dalle acque del fiume Cosa. L'amministrazione comunale, per un motivo o un altro, poté finire i lavori solo nel 1665, ossia dopo 13 anni dal disastro. Eppure si trattava di un'esigenza pressoché vitale.
Nella guerra del 1556 erano state distrutte o gravemente danneggiate ben sei chiese. Ma nessuna di queste fu ricostruita. Anzi, quando i vescovi nelle sacre visite prescrivevano riparazioni di cappelle, passavano molti anni prima che i lavori fossero eseguiti.
Come mai dunque il fenomeno della Madonna della Neve? Come si spiega la rapida costruzione della chiesa?

IL FATTO STRAORDINARIO

Madonna della Neve, FrosinoneSul tramonto del ricordato 10 maggio 1675 dinanzi la vecchia "cona" si videro convenire gruppi di gente da Frosinone e dai paesi limitrofi. Nessuno li aveva convocati. Come mai dunque si era verificato quel misterioso appuntamento? Gli stessi presenti se lo chiedevano tra loro.
Mentre si esternavano questa comune sorpresa, i loro occhi furono presi da uno strano fenomeno. La fronte dell'immagine della Madonna incominciò ad emettere delle gocce di sudore. Queste erano come bianche perle ed emanavano luminosissimi raggi. Il volto poi, lasciando il colore scuro della pittura, diveniva roseo come quello di una persona reale. Il prodigio non era un'illusione, perché durò lungo tempo e si ripeté molte volte, per diversi mesi, dinanzi alle folle, a gruppi di pellegrini, e a persone isolate. Fu controllato e studiato in primo luogo dal nominato vescovo Riccardo degli Annibaleschi quando venne a porre la prima pietra della nuova chiesa. In quella circostanza egli esclamò commosso: "Il Signore è meraviglioso nei suoi Santi, ma è più meraviglioso nella sua Madre" (Bianch P., o.c., p. 15-16; Sal. 67, 36.) Fu poi riconosciuto per fatto straordinario e soprannaturale, anche dal Card. Franceso Orsini (poi Benedetto XIII), che venne sul luogo nell'aprile 1676 e dal consultore del Santo Ufficio, D. Gaetano Miroballo, poi arcivescovo di Amalfi. Il fervore, che aveva suscitato il prodigio, indusse le autorità religiose e civili a presentare una relazione al Papa Clemente X e a chiedere l'indulto dell'indulgenza plenaria per i fedeli che pellegrinavano sul luogo a venerare la Madonna. Il Pontefice il 25 luglio 1675 concesse la grazia richiesta, però a decorrere dal 5 agosto 1676, perché, essendo in corso l'Anno Santo, non era opportuno distrarre i fedeli dalla celebrazione del Giubileo.
Frattanto si verificavano altri prodigi a favore degli ammalati, che ricuperavano la salute, la vista o l'uso delle gambe.
Il primo storico ne ha tramandati n. 43, ricavandoli dalle prime cronache che andarono perdute durante l'occupazione napoleonica.

Ricordo des III Centenario 1675 - 1975, 10 Maggio

Vedere pure questa pagina!

giovedì, marzo 15, 2007

Preghiera a San Gaetano

Il Santo Voi siete della Provvidenza, così comunemente acclamato, e ben a ragione, se in vita vostra avete voluto offrire singolarissimo esempio di assoluto abbandono alla stessa Divina Provvidenza e voleste questo spirito trasfuso ne' vostri figli riuniti a glorificare il comune Padre Celeste che l'esca fornisce in tempo opportuno. Quanto mai mi colpisce tanto esempio di confidenza nella bontà del Signore! Arrossisco in verità della diffidenza mia, delle mie trepidazioni, dei miei timori, con che feci ingiuria talvolta al Divin Creatore e Provvidissimo Conservatore; imploratemene quindi Voi stesso, o Gaetano gloriso, il perdono ed impetratemi il favore di non essere giammai sollecito del dimane, come insegna anche a me il vostro Divin Maestro, e la grazia di adorare in umile silenzio le tracce delle superne Provvidenze, sebbene al corto mio vedere siano inconcepibili.

Imprimatur - Mediolani, a Curia Arch., 29 Julii 1898, P. Cerolus Nardi, Pro Vic. Gen.

lunedì, marzo 12, 2007

Il Santuario della Madonna del Divino Amore, Roma


Veduta aerea del complesso delle Opere del Santuario


Celebre Santuario Romano al 12.mo Km. sulla via Ardeatina da porta S. Sebastiano. Costruito nel 1745. Vi si venera la Miracolosa Immagine della Madonna del Divino Amore (sec. XIV) che prende il suo titolo dallo Spirito Santo. Se ne celebra la festa nel giorno di Pentecoste.

venerdì, marzo 09, 2007

Santa Veronica Giuliani riceve le stimmate

PREGHIERA
Dal trono di gloria ove per la pianezza dei meriti foste sublimata, nostra amabile Santa Veronica, degnatevi ascoltare la umile e fervente preghiera che, stretti dalla tribulazione, vi rivolgiamo.
Lo Sposo divino che tanto amaste e per il quale tanto soffriste ascolterà un solo palpito del vostro cuore che tante volte avvicinò al Suo e un semplice gesto della vostra mano, come la Sua, ferita dalle stimmate della passione.
Dite voi al Signore le grandi necessià dell'anima nostra, tanto spesso arida, tentata e indolente. Dite quello che ci angustia in questo momento... Ditegli come un giorno: "Signore, con le vostre stesse ferite v'invoco; con il vostro stesso amore; se le grazie chieste verranno ad accrescere questo Vostro amore in chi lo aspetta, ascoltatemi, o Signore, esauditemi, o Signore".
O cara Santa, vera immagine del Crocefisso, la vostra preghiera non sarà delusa, e noi, ancora una volta, potremo benedire il vostro nome ed il vostro patire che vi dette tanta luce di gloria e tanta potenza d'intercessione.
3 Pater, Ave, Gloria.

DATE MEMORABILI DI S. VERONICA
Nasce in Mercatello: 27 dicembre 1660.
Entra nel monstero delle Cappuccine in Città di Castello: 28 ottobre 1677.
Riceve le sacre stimmate: 5 aprile 1697.
Viene eletta Abbadessa: 5 aprile 1716.
Muore: 9 luglio 1727.
È canonizzata da Gregorio XVI: 26 maggio 1839.

Imprimatur: + Luigi Cicuttini, Vescovo, Festa di Cristo Re 1957 - Monastero Cappuccine - Citttà di Castello

martedì, febbraio 20, 2007

Suor Gabriella Borgarino (Serva di Dio)

Nacque a Boves (Cuneo) il 2 Settembre 1880. Entrata nel maggio 1902 tra le Figlie della Carità, fu addetta al servizio dei poveri ad Angera (Varese) fino al 1906 e poi a Lugano (Svizzera) sino al 1919. Quindi fu trasferita a Grugliasco e nel 1931 a Luserna (Torino), per assistere le Sorelle anziane. A Luserna si spense serenamente il 1° gennaio 1949. Quivi riposa la sua salma nella Casa dell'Immacolata.

PREGHIERA

Eterno Padre, mio Dio, Ti offro per mezzo di Maria, concepita senza peccato, il tuo dilettissimo Figlio e nostro Signore Gesù Cristo; per Lui, con Lui e in Lui Ti adoro, Ti amo, Ti ringrazio, Ti chiedo perdono e grazie; grazie e benedizioni per ... (esprimere il nome di persone care e le proprie intenzioni).
Specialmente Ti chiedo la gloria degli altari per la tua fedele serva, Suor Gabriella Borgarino, che fece suo l'ideale di supplicare per tutti, anche in Paradiso, quella Provvidenza Divina che luminosamente intravide nel Cuore di Gesù, e amorosamente seguì e adorò durante la sua vita terrena.
Confidando nella tua infinita misericordia, insieme con Essa supplico:

Provvidenza Divina del Cuor di Gesù Prevvedeteci.
(Tre volte)

DAGLI SCRITTI DI SUOR GABRIELLA BORGARINO

1. - "Nella quarte domenica dell'Epifania, ero andata in Cappella pel ringraziamento, quando, tutto ad un tratto, non vidi più il S. Tabernacolo, ma vidi Gesù nella posizione di seduto.
Era così bello, così grazioso che io corsi come per istinto, e m'inginocchiai, mi strinsi alle sue ginocchia adorabili e gli dissi con tutto il cuore: "Gesù mio caro, Ti amo tanto; e quanto desidero che tutte le creature Ti amino e Ti conoscano! Gesù mio, ti domando la grazia che, quando sarò in Paradiso, io supplichi la Tua Provvidenza Divina per tutti, perchè tutti hanno bisogno della Provvidenza, sì spirituale che morale e materiale".

2. - Durante un'altra apparizione Gesù le disse: "Il 17 settembre 1936, ti feci vedere nella Mano il prezioso foglietto con scritta l'invocazione: "Provvidenza Divina del Curoe di Gesù, Provvedeteci". Ti raccomandai di diffonderla ovunque. Dicendo la preziosa invocazione con amorosa confidenza e amoroso rispetto al mio SS. Nome, si ottengono tente grazie...".

3. - Alla sua Superiora scriveva: «Gesù mi disse che la preziosa invocazione, detta con amorosa confidenza e rispettosamente nel nominare il suo SS. Nome Gesù, produce nelle anime quello che fa la benefica pioggia di questi giorni: inverdisce la terra e la rende atta a produrre frutta e altro. E soggiunse: "Fa' attenzione: ove entra la preziosa invocazione, un po' per volta, cambia i cuori e le opinioni medesime. Desidero sia approvata e apprezzata, pel grande valore del mio SS. Nome".»

Alla giaculatoria: "Provvidenza Divina..." fu annessa l'indulgenza di 300 giorni dal Card. M. Fossati, Arciv. di Torino, il 19-7-1944.

Chi ricevesse grazie per l'intercessione di Suor Gabriella, è pregato di notificarle ad uno dei seguenti indirizzi:
Casa Centrale delle Figlie della Carità
Via Nizza, 20 - I-10155 Torino
Via S. Gerolamo, 8 - I-53100 Siena
Via Albergotti, 75 - I-00167 Roma
Via S. Luisa de Marillac, 10 - I-80122 Napoli
Via deiGabbiani - I-09100 Cagliari

Ad uno dei medesimi indirizzi deve pure rivolgersi la giovane che desidera consacrarsi al Signore tra le Figlie della Carità di S. Vincenzo de' Paoli.
La biografia di Suor Gabriella è in vendita presso le Figlie della Carità di Torino.
Con approv. Eccles. e Sup. Relig. 1965


Voir aussi Soeur Gabriella Borgarino

lunedì, febbraio 12, 2007

Vinzenz Pallotti, Gründer der Gesellschaft des Katholischen Apostolates

Herkunft

Vinzenz Pallotti wurde am 21. April 1795 als Sohn eines Kaufmanns in Rom geboren und tat sich schon in jungen Jahren durch eine außergewöhnliche Gottes- und Nächstenliebe hervor. Priester geworden, suchte er noch mehr als bisher, allen alles zu werden und immer und überall apostolisch zu wirken als Beichtvater, Exerzitienmeister, Volksmissionär, Spital-, Soldaten- und Gefangenenseelsorger und Leiter von Heimen.

Idee

Immer drückender fühlte er die religiöse und sittliche Not des Volkes. Überall half er, wo er helfen konnte. Nur zu gern hätte er sich vervielfachen mögen. Deshalb sann er auf Abhilfe. Priester und Ordensleute, auf denen damals sozusagen die ganze Verantwortung für das seelische Wohl des Nächsten ruhte, gab es viel zu wenige. Da mußte auch der Laie mit Hand anlegen beim großen Werk der Seelenrettung. Taufe und Firmung weihen ihn ja dazu. Ein jeder sollte sich in seinem Stande, seinem Berufe und mit seinen Kräften einsetzen für die Neubelebung, Vertiefung und Verbreitung des Glaubens und der Liebe in der Heimat und in den Missionen.

Werk

Mit gotterleuchtetem Geiste verkündete Vinzenz Pallotti deshalb bereits in der ersten Hälfte des 19. Jahrhunderts die Pflicht des Laienapostolates. Am 4. April 1835 rief er zusammen mit eifrigen Priestern und aufgeschlossenen Laien eine weltumfassende, apostolische Bewegung ins Leben, das sogenannte "Katholische Apostolat". Jeder Katholik sollte sich darin apostolisch betätigen. Papst Pius XI. nannte ihn nicht umsonst "Bahnbrecher und Vorkämpfer der Katholischen Aktion". Sein Nachfolger erhob diesen großen Marienverehrer und Apostel Roms am 22. Januar 1950, an dessen 100. Todestag, als Seligen zu den Ehren der Altären.

Die Pallottiner

Um jedoch sein allumfassendes, weltumspannendes Werk vom Laienapostolate lebendig zu erhalten und über die ganze Erde zu verbreiten, gründete er im Jahre 1846 eine Gemeinschaft von Weltpriestern und Laienbrüdern ohne Gelübde, einzig und allein zusammengehalten vom Geiste der Liebe und der Versprechen, die "Gesellschaft des katholischen Apostolates" (Societas Apostolatus Catholici" S.A.C.), im Volksmund "Pallottiner" genannt und stellte sie unter den Schutz Marias, der Apostelkönigin. Ihr obliegt die Aufgabe, wo immer es ihr möglich ist, Laienapostel heranzubilden und selber auf allen erreichbaren Gebieten apostolisch tätig zu sein, in der Innen- und Aussenmission. So wirken heute die Pallottiner bereits in allen fünf Erdteilen.

In der Schweiz

verfolgen sie dieses Ziel in ihren SCHULEN (Gymnasium Friedberg in Gossau SG und Studienheim St. Klemens für Spätberufene in Ebikon LU), in der SEELSORGE (Aushilfe, Exerzitien, Einkehrtage, Volksmissionen usw.), im PRESSEAPOSTOLAT, in der LEITUNG VON HEIMEN (Knabenerziehungsanstalt "Thurhof" bei Oberbüren SG, Lehrlingsheim in Ebikon LU) und in der HEIDENMISSION (Südafrika). Im Noviziat in Morschach und im Scholastikat in Freiburg wird der eigene Nachwuchs erzogen.

Novenengebet
zum heiligen Vinzenz Pallotti


Heiliger Vinzenz Pallotti, großer Apostel der unendlichen Liebe Gottes! Bereits zu deinen Lebzeiten hast du vielen Menschen in ihren seelischen und leiblichen Sorgen und Nöten Hilfe und Trost gebracht. Durch deine Fürbitte haben seither so manche wunderbar Erhörung gefunden. Voll Glauben und Vertrauen komme auch ich heute zu dir mit meinem Anliegen. Zum voraus danke ich dir für deine Fürsprache bei Gott. Gern will ich selber wie du Apostel sein und für das Heil des Nächsten ebenso wie für mein eigenes sorgen. Heiliger Vinzenz Pallotti, gib mir Mut und Kraft dazu durch die Fürbitte deiner über alles geliebten Mutter Maria, der Königin der Apostel. Amen.

Drei Gegrüßt seist du Maria und Ehre sei dem Vater.

Gebetserhörungenmelde man bitte dem Provinzialat der Pallottiner, CH-9200 Gossau SG.
Mit kirchlicher Druckerlaubnis

venerdì, febbraio 09, 2007

Die selige Maria Assunta Pallotta

Die selige Maria Assunta wurde zu Force, Italien, am 20. August 1878 geboren. Im Jahre 1898 trat sie bei den Franziskanerinnen Missionärinnen Mariens ein. Die Liebe zu Gott und den Seelen trieb sie nach China, wo sie am 7. April 1905 starb. Sie zeichnete sich durch ihre Gleichförmigkeit mit dem hl. Willen Gottes, durch ihre Unschuld, Demut und treue Beoachtung der Regel aus, weshalb der Heilige Papst Pius X. die Aufnahme ihres Seligsprechungsprozesses anordnete.
Am 18. Februar 1932 erkannte die Heilige Kirche den Heroismus ihrer Tugenden an und Pius XII sprach sie im Marianischen Jahr 1954 selig.


GEBET

Selige Maria Assunta, die du in der Einfachheit und Demut Deines Herzens, erfüllt von großmütiger Liebe, die Geheimnisse Gottes, die Er den Kleinen enthüllt, erkanntest, erlange auch uns vom Herrn die Gnade, Deinem Beispiele zu folgen, um die göttliche Güte und die Herrlichkeit der Auserwählten des Himmels zu schauen. Amen.

3 Vater unser, Gegrüßet seist du Maria, Ehre sei dem Vater.

Selige Maria Assunta Pallotta, bitte für uns!

Nihil obstat - Rom, 15. August 1954. S. Natucci, Fidei Prom. Gen.

Personen, die Gnaden auf die Fürbitte der seligen Maria Assunta erlangen, sind gebeten, dieselben den Franziskanerinnen Missionärinnen Mariens, Wien XX, Leystraße 25-27, bekanntzugeben.

mercoledì, gennaio 17, 2007

I quattro cardini della vita cristiana

La formola della vita cristiana è reppresentata dal Segno della Croce: "Nel nome del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo", nel quale veniamo battezzati.

NEL NOME DEL PADRE, significa, che abbiamo per padre Dio. Egli ci ha creati, e predestinandoci all'eterna gloria, ci ha affidati a Gesù Salvatore ed alla S. Chiesa, perchè ci santifichino, rendendoci degni del premio celeste.
Tutta la vita è un ritorno a casa, a Dio Padre, al quale dobbiamo perciò ubbidienza figliale.

NEL FIGLIO, significa che, in grazia della sua Passione e per mezzo del Battesimo Gesù Cristo ci ha ricomprati dalla schiavitù di Satana, incorporandoci a lui ed alla sua Chiesa; così che ne partecipassimo la santità ed i meriti.
Al Divin Salvatore, Gesù Cristo, vero Dio e vero Uomo, dobbiamo grato amore, senza separarci mai da lui e dalla sua Chiesa.

DELLO SPIRITO SANTO, significa che Dio ha trasfuso in noi il suo Divin Spirito. perchè in grazia dei suoi doni, riviviamo Gesù Cristo e siamo degne membra del suo mistico corpo, che è la Chiesa. Chi non ha lo Spirito di Cristo, scrive San Paolo, non gli appartiene.

Dall'alto della Croce, Gesù ci ha assegnato per Madre Maria SS., perchè in funzione di Corredentrice,con la sua potente inercessione, ci renda partecipi della Redenzione e delle promesse di Gesù Cristo. A Maria dobbiamo figliale devozione.

+ ILDEFONSO Card. SCHUSTER, Arcivescovo di Milano, Anno Santo 1951